Perché le importazioni USA di petrolio stanno aumentando?

Se c’è una domanda importante che in questi giorni si stanno facendo i trader del petrolio, è sicuramente perché negli USA le importazioni di Petrolio stanno salendo ad un ritmo vertiginoso, più del 20% dall’inizio del 2016, nonostante il fatto che la produzione Statunitense del Petrolio continua ad essere appena sotto i massimi? Tutto questo, nonostante le scorte abbiano toccato nuovi massimi.

L’ascesa delle importazioni non ha niente però a che vedere con la domanda, ma invece con l’eccesso di offerta nelle scorte del mercato, in quanto il mercato deve avere a che fare con un prezzo “scontato” da nazioni già penalizzate finanziariamente. Le esportazioni dell’Iran in aumento e la diminuzione della capacità di stoccaggio del centro ARA in Olanda e Belgio, e di Cape Town.

Per mantenere il flusso di cassa nei loro paesi, il Venezuela e l’Iraq stanno tagliando di gran lunga i loro prezzi, lasciando i concorrenti con svariati rifornimenti invenduti. Infatti, il costo del Venezuela per la produzione di un barile di petrolio è a $ 23,50 e il costo dell’Iraq è a $ 10.70 al barile, entrambi i paesi possono ridurre i prezzi a sono pronti ancora a riuscire a fare profitti con questi prezzi.

Per quanto riguarda l’Iran, dopo la revoca delle sanzioni economiche nel gennaio 2016, è tornato sui mercati globali del petrolio con una strategia per battere la concorrenza, tentando di riconquistare quote di mercato sulle sue esportazioni da 500.000 a un milione di barili di petrolio al giorno. Come per Venezuela e Iraq, il costo del paese di produzione di petrolio, è a $ 12,60 al barile, e permette riduzioni dei prezzi veloci, pur mantenendo una certa redditività.

In questo ambiente, i produttori di petrolio ad alto costo, sono in grado di competere senza subire sostanziali perdite sulla vendita di ogni barile. Ad esempio, il Regno Unito ha il più alto costo di produzione a 52,20 $ al barile, seguito dal Brasile a $ 48,80 al barile e il Canada a $ 41 per barile. Questi paesi vendono regolarmente petrolio per la zona euro e in Asia, ma stanno perdendo clienti, a favore dei produttori a basso costo, che richiedono esportazioni verso gli Stati Uniti per mantenere un flusso di inventario favorevole.

Dopo aver registrato delle importazioni che hanno segnato un record negativo, nel Maggio del 2015, la situazione negli USA si è ribaltata, in quanto la media è adesso di 8 milioni di barili al giorno, con una capacità a circa il 66% del totale. Ma con le petroliere che aspettano nel Golfo per scaricare milioni di barili di petrolio, per gli USA è molto più economico stoccare petrolio direttamente negli USA, con costi che vanno dai 30 agli 85 centesimi al barile/mese. Il costo per le petroliere è invece di 1 dollaro al barile per mese, un tesso che è aumentato più del doppio dal primo trimestre del 2015.

Gli States, sono uno dei pochi paesi con una capacità di stoccaggio in eccesso, le importazioni negli Stati Uniti sono aumentate del 20% nel 2016. In effetti, la domanda creata dai raffinatori disposti a tenere il petrolio con lo scopo di venderlo in un secondo momento, ha contribuito a mitigare le questioni di continuo eccesso di offerta, ma può essere solo una questione di mesi prima che le varie strutture raggiungano la loro capacità di picco. A quel punto, lo stoccaggio di petrolio sulle navi cisterna, come le raffinerie fecero nel 2009, può fornire una soluzione a breve termine. Tuttavia, se il tasso di sovrapproduzione continua, i prezzi del petrolio probabilmente diminuiranno per generare domanda, in un’economia globale stagnante che è già inondata fin troppo dal petrolio.